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Stabilimenti industriali

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Ottimizzazione e innovazione: reinventare la zona lavanderia

La trasformazione degli ambienti domestici, soprattutto negli ultimi anni, porta con sé la necessità di ottimizzare anche il singolo centimetro senza rinunciare, però, alla funzionalità di ogni area della casa. Non fa certo eccezione, in questo senso, la zona lavanderia, che pur assumendo in sé notevole importanza corre il rischio di essere sacrificata, in termini di spazio, quando le metrature dell’abitazione sono contenute. In case compatte e in appartamenti moderni la gestione della zona lavanderia richiede dunque soluzioni ottimali, capaci di coniugare estetica e funzionalità: in questo articolo vedremo assieme diverse soluzioni per trasformare questo spazio in una vera e propria area operativa, sfruttando anche soluzioni verticali ed elementi modulari che si adattano alle diverse esigenze quotidiane.

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Giardini d’inverno: la natura che diventa architettura

Nel panorama dell’abitare contemporaneo, i giardini d’inverno si impongono come una delle soluzioni più ricercate e sensoriali, veri spazi ibridi che annullano i confini tra interno ed esterno trasformando la vegetazione in una componente architettonica viva e funzionale, capace di migliorare la qualità dell’ambiente domestico, ampliare la percezione dello spazio e riportare un frammento di natura nel cuore della casa.
Come accade per i tetti verdi, anche questi ambienti non sono elementi puramente estetici, ma ecosistemi integrati che contribuiscono a creare comfort climatico, benessere psicologico, regolazione dell’umidità, isolamento termoacustico e un aumento tangibile della biodiversità. Il giardino d’inverno si comporta come una veranda evoluta e intelligente: filtra il clima esterno, dilata visivamente gli ambienti abitativi e introduce piante vive anche in contesti urbani densamente costruiti, generando un rapporto più equilibrato tra architettura e natura. Nel contesto ticinese — caratterizzato da una forte densità edilizia ma anche da un ricco patrimonio paesaggistico — questi spazi diventano un’opportunità concreta per restituire qualità verde anche alle abitazioni compatte o oggetto di ristrutturazione, creando un collegamento continuo tra la casa e il paesaggio circostante.

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Il connubio tra produzione industriale, architettura e sostenibilità ambientale è possibile.

Quando si pensa alle zone industriali e agli stabilimenti produttivi l’immagine che prende forma nella nostra mente rimanda in genere a luoghi desolati e poco attrattivi da qualsiasi punto di vista. Eppure non è sempre così: anche in questo settore può capitare di imbattersi in complessi industriali di dimensioni talvolta importanti, grandi aree produttive, che si distinguono per l’architettura, il design e le tecnologie all’avanguardia delle strutture che li caratterizzano tanto da diventare in alcuni casi oggetti interessanti anche dal punto di vista culturale, luoghi da visitare. 

Immagine principale: Manifattura Bulgari, Glass House e stabilimento produttivo.
Qui sopra: prospetto verso la corte (entrambe le foto: Bulgari).

Questi luoghi talvolta riescono persino a creare un “indotto” tale da riqualificare l’area nella quale si inseriscono, rappresentano un valore aggiunto che sfata l’idea che produzione industriale debba per forza significare desolazione, degrado urbano e inquinamento.

Una riqualificazione non solo aziendale

Ci sono aziende che si rivolgono a specialisti e progettisti qualificati, persino ad “archistar” e investono sì nel loro prodotto, ma anche nelle strutture amministrative e produttive e non solo per quel che concerne gli aspetti meramente tecnici e funzionali: viene considerata l’estetica aziendale e l’investimento viene realizzato per esempio per ragioni di corporate identity, come pure per altre ragioni che possono essere anch’esse legate al marketing o meno, ma che conducono al medesimo risultato. Sicuramente vi è un ritorno di immagine per l’azienda, ma ne beneficia comunque anche l’area circostante.

Manifattura Bulgari, stabilimento produttivo (foto: Bulgari).

Sempre più spesso inoltre alcune aziende iniziano a dimostrare attenzione anche verso la  sostenibilità ambientale e sono più responsabili riguardo a temi quali l’inserimento delle strutture nel paesaggio circostante, l’inquinamento e la riduzione dei consumi energetici.

Innovazione e tradizione per
la più grande oreficeria europea

A Valenza, il celebre distretto orafo italiano, Bulgari ha realizzato quella che è considerata l’oreficeria più importante di Europa. La “maison” romana, che opera tradizionalmente con maestranze italiane, ha scelto Valenza per coniugare la tradizione orafa locale, la sapienza artigianale nella lavorazione dell’oro e l’esperienza nella produzione dell’alta gioielleria che vanta la casa madre.

Manifattura Bulgari, Glass House e sullo sfondolo stabilimento produttivo (foto: Bulgari).

Progettata da Open Project, una società di progettazione e ingegneria di Torino, la manifattura Bulgari di Valenza si sviluppa su una superficie di 15’000 mq. Il complesso è costituito da due edifici, uno di rappresentanza e uno destinato alla produzione, pensati «volutamente differenti», come sostiene la maison romana «per creare un ponte ideale tra innovazione e tradizione»

La storia e la tradizione sono rappresentate dall’edificio Glass House, una costruzione dall’elevato valore storico e simbolico per la regione: era originariamente la “Casa dell’orefice” o meglio “casceina d’urei” in dialetto di Valenza: secondo la storia locale la casa venne acquistata da Francesco Caramora, un orafo originario di Pavia, alla fine del Settecento. Qui Francesco Caramora fondò il primo laboratorio orafo di Valenza: proprio a lui si dovrebbe dunque l’origine della manifattura orafa del famoso distretto.

La Glass House ospita gli uffici e le sale di rappresentanza e nasce dalla ristrutturazione e dall’ampliamento della “Casceina d’urei”. L’edificio è stato ampliato tramite l’aggiunta di un volume alto 13 m interamente vetrato la cui sagoma riprende le geometrie della tipica cascina di campagna.

L’edificio destinato alla produzione è distribuito su tre livelli che si sviluppano attorno a una corte interna di 600 mq che permette di dare luce naturale agli spazi interni della manifattura. I volumi che compongono lo stabilimento sono vetrati verso l’interno della corte e rivestiti da una “pelle metallica” verso l’esterno. L’aspetto di questa superficie metallica, costituita da pannelli forati, da un lato conferisce una geometria lineare ed elegante all’intero complesso e dall’altro, mutando nell’aspetto a seconda della luce incidente e della posizione dell’osservatore, conferisce un’immagine sempre diversa all’intero volume.

La manifattura Bulgari, oltre a puntare sulla qualità aziendale e progettuale della propria sede di Valenza ha anche perseguito l’obiettivo della certificazione internazionale LEED (Leadership in Energy and Environment Design). LEED è un importante sistema di rating della sostenibilità energetica e ambientale e definisce i requisiti per la realizzazione di edifici sostenibili sia sotto il profilo energetico sia riguardo a tutte le risorse ambientali coinvolte nel processo di realizzazione.

Enjoy Concrete. Quando l’architettura diventa parte dell’ambiente. E viceversa.

A Veurne in Belgio la nuova sede della ditta Enjoy Concrete, realizzata su progetto dello studio di architettura Govaert-Vanhoutte, si inserisce nell’ambiente circostante da un lato emergendo per le geometrie lineari ed essenziali e dall’altro interagisce con la natura che la circonda attraverso il trattamento delle superfici dell’involucro esterno.

Le facciate sono costituite da lastre in cemento armato di sei metri per tre sulle quali è stata riprodotta l’immagine delle alberature che costeggiano il canale vicino al quale si trova la fabbrica. 

In un volume aggettante e vetrato è collocata una zona adibita a sala riunioni, letteralmente immersa nel paesaggio circostante.

Aziende tecnologiche in ambiente bucolico

Il nuovo quartier generale Bang&Olufsen, situato a Struer, un piccolo paese nel Nord della Danimarca dove ha avuto origine la storia di Bang&Olufsen, è stato progettato dallo studio danese KHR Architects e ultimato nel 1998.

L’edificio, edificato accanto allo stabilimento produttivo è comunemente considerato uno tra i più begli stabilimenti del settore industriale in Europa: i materiali sono quelli tradizionali per la regione, la roccia basaltica nera islandese, i mattoni, il cemento e il vetro per l’involucro esterno e il legno per le pavimentazioni interne. Secondo i principi della corporate identity, il complesso è stato concepito per rispecchiare il design lineare e l’eleganza delle geometrie dei prodotti Bang&Olufsen.

La struttura si caratterizza per la trasparenza e la traslucenza dell’involucro dei tre corpi di fabbrica che la compongono, tre parallelepipedi vetrati verso l’interno del complesso, di cui uno quasi sospeso sul paesaggio agreste sottostante (poco lontano pascolano le pecore). Lo stabilimento infatti, proprio per questa immagine bucolica nella quale si inserisce con eleganza e rispetto, è noto anche come The Farm.

Qui sopra: quartier generale Bang&Olufsen
a Struer, in Danimarca.
Sotto: stabilimento Enjoy Concrete a Veurne,
in Belgio. Foto: Tim Van De Velde.

McLaren propone lo Yin e lo Yang

Si deve a Norman Foster il progetto del Centro produttivo McLaren a Woking nel Regno Unito, che si sviluppa su una superficie complessiva di 34’500 mq. Il complesso è stato realizzato nelle vicinanze del centro tecnologico dell’azienda progettato anch’esso da Norman Foster; i due stabilimenti sono collegati a livello ipogeo e sono volutamente simili dal punto di vista architettonico e per quel che concerne i materiali costitutivi (rivestimento in tubi di alluminio).

McLaren Production Centre a Woking, nel Regno Unito. Foto: McLaren Marketing Ltd.

Il Centro produttivo McLaren è attorniato da un grande area verde in parte mantenuta a prato e in parte piantumata, e riprende nella forma il simbolo dello Yin e dello Yang integrandosi con la sua morfologia nel paesaggio collinare circostante. Lo stabilimento vero e proprio è rappresentato dallo Yang che viene completato idealmente dallo Yin costituito da un grande specchio d’acqua. 

Il complesso è stato realizzato adottando criteri di sostenibilità ambientale: la terra rimossa per la realizzazione dei piani interrati è stata utilizzata per la realizzazione dell’area verde che circonda lo stabilimento. Sulla copertura è stato installato un impianto di raccolta delle acque piovane che vengono utilizzate per l’irrigazione dell’area verde sottostante. Sempre sulla copertura è in previsione l’installazione di un impianto fotovoltaico. Negli ambienti interni open space, flessibili e luminosi come sale operatorie di una clinica, la ventilazione e il ricambio d’aria avvengono naturalmente. 

Uno sguardo al futuro

è dunque finita l’era dei banali capannoni industriali prefabbricati e cheap?

Purtroppo no, non sempre è possibile e spesso non vi è la volontà di guardare oltre il mero profitto, ma è pur vero che ogni anno con maggior frequenza si materializzano esempi eccellenti che dimostrano come produzione industriale, estetica e ambiente siano concetti che possono esistere insieme.

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